I neonati urlano per imparare a fare la cacca - Focus.it

2022-07-23 02:51:55 By : Ms. Jannie Zheng

È appena nato e piange, urla e si dispera: cosa avrà mai? No, non sono i dentini (troppo presto) e nemmeno le coliche (o comunque non solo quelle). Secondo Christina Shuja, puericultrice che coordina il programma Lifebridge Health Center for Happier Infants all'ospedale di Baltimora (Usa), a causare il pianto dei neonati nelle prime settiimane di vita sarebbe un meccanismo fisiologico: piangendo, imparano a espellere gli scarti dall'intestino.

Cosa mi tocca fare... Per fare la cacca, infatti, occorre coordinare due movimenti muscolari opposti: contrarre l'addome e contemporaneamente rilassare il pavimento pelvico. Si tratta di un movimento complesso, che alla nascita i bimbi non sanno ancora fare. Insomma, il loro pianto, oltre a essere un modo di comunicare con gli adulti, aiuterebbe proprio questo meccanismo, che in poco tempo diventerà naturale.

C'è poi un altro dilemma che fa perdere il sonno ai neo-genitori, ed è un dibattito aperto da molto tempo: i neonati urlanti devono essere sempre presi in braccio e consolati oppure, se non hanno evidenti bisogni (fame, cambio, colichette eccetera), è meglio lasciarli piangere finché non si calmano da soli?

Più coccole o meno? Un team di psicologi ha seguito la crescita di 178 bambini dalla nascita fino ai 18 mesi, valutando nel tempo la serenità dei piccoli durante il gioco e l'evoluzione dell'attaccamento tra madre e figlio. Alcuni genitori erano molto solleciti nel consolare sempre i figli, altri meno. Dagli studi, però, non è emersa alcuna differenza psicologica tra i bambini con i genitori "sempre pronti alla coccola" e quelli che venivavo lasciati piangere un po' di più.

NAUSEA MISTERIOSA Le femmine della specie umane sono le uniche, o tra le poche, ad avere la nausea quando sono incinte: casi di nausea in gravidanza sono stati osservati - raramente - solo tra i cani e i macachi. Il perché della nausea rimane misterioso. Un'ipotesi è che sia un sistema studiato dall'evoluzione per proteggere l'embrione da sostanze che potrebbero danneggiarlo - per esempio microbi o tossine contenute in certi alimenti - nelle prime delicate fasi del suo sviluppo. I dati epidemiologici dicono che in effetti le donne con nausea hanno meno probabilità di abortire rispetto a quelle che stanno bene. Ma non tutto è chiaro. Secondo un'altra ipotesi, avanzata dallo psicologo Gordon Gallup, la nausea non sarebbe altro che la reazione dell'organismo della donna al liquido seminale. Corollario della singolare teoria: più il seme è "straniero" (ovvero più recente è il partner) più forte sarà la nausea. La natura prediligerebbe i rapporti di lunga durata.

COME UN PICCOLO ASTRONAUTA Fino a 50 anni fa l'inquilino del pancione era un totale sconosciuto fino al momento della nascita. Per questo segnò un'epoca la comparsa, nel 1965, sulla copertina della rivista americana Life, di un feto di 18 settimane che galleggiava nel suo sacco amniotico simile a un astronauta nello spazio. In tre giorni la rivista vendette 3 milioni di copie. Autore dello scatto era lo svedese Lennart Nilsson, che ha poi raccontato di aver lavorato a quelle foto per oltre dieci anni. Il feto in copertina pare sia stato anche l'ispirazione per lo starchild, il bambino delle stelle della sequenza conclusiva di "2001: Odissea nello spazio" di Stanley Kubrick. Le immagini di Nilsson stanno anche davvero viaggiando nello spazio: sono registrate sul Golden Record, un disco inserito a bordo delle sonde spaziali Voyager 1 e 2.

DAL SONAR ALLA PIXAR L'antenato della moderna ecografia - una macchina basata sugli ultrasuoni - è stato il sonar, inventato a inizio Novecento per dare la caccia ai sottomarini. Il principio è quello di sfruttare l'eco delle onde sonore riflesse da un corpo. Il ginecologo scozzese Ian Donald intuì che in questo modo si poteva osservare il feto nel pancione: era l'inizio dell'ecografia ostetrica. Le prime ecografie erano più simili a tracciati di un elettrocardiogramma che alle immagini realistiche cui siamo abituati. Dopo le immagini bidimensionali, infatti, arrivarono quelle tridimensionali, realizzate grazie agli algoritmi sviluppati originariamente per i film di animazione in 3D della Pixar.

Foto: © Justin Paget/Corbis

FILO DIRETTO CON LA PANCIA Mentre l'ecografia è alla base di moltissime conoscenze sul feto e su come" si comporta" nel pancione, per capire che cosa gli arriva del mondo esterno sono stati ideati vari esperimenti. L'ambiente sonoro dell'utero è stato per esempio studiato introducendo dei microfoni all'interno della pancia al momento della rottura delle acque. Per capire quanti sapori e odori arrivino al bambino attraverso quello che la mamma mangia, in alcune ricerche campioni di liquido amniotico sono stati fatti assaggiare a volontari, che hanno riconosciuto la presenza di aglio, vaniglia, menta, carota che la mamma aveva mangiato. Il bambino, una volta nato, sembra gradire di più quello che ha già "assaggiato" durante la gravidanza. Nella foto, un ricercatore studia i ritmi del sonno del feto di una pecora incinta.

Foto: © Maggie Steber/National Geographic Creative/Corbis

TEMPESTA DI GHIACCIO Gli effetti dello "stress" della mamma sul feto non è un fenomeno facile da studiare, dato che è perfino difficile stabilire che cosa conta come stress. Per ovviare al problema, gli scienziati hanno puntato a studiare donne che avevano subito eventi sicuramente definibili come stressanti: catastrofi naturali quali terremoti e uragani e perfino attacchi terroristici come quello dell'11 settembre alle Torri Gemelle. Uno degli studi in corso da più tempo è quello che arruolò oltre un centinaio di donne incinte nel corso di una catastrofica tempesta di ghiaccio che colpì la regione di Montreal, in Canada, nel 1998 lasciando migliaia di persone isolate e al gelo per settimane. I bambini nati da quelle donne sono stati seguiti nel tempo: tra le presunte conseguenze dello stress subito dalla mamma ci sarebbero un minore peso alla nascita, e piccoli ritardi nello sviluppo motorio e cognitivo.

Foto: © Rosanna U/Corbis

MASCHI CONTRO FEMMINE Si dice che quello dell'ostetrica sia stato il mestiere più antico del mondo: caso unico tra gli animali, le donne della nostra specie hanno bisogno di aiuto per partorire. Per secoli e secoli il parto è stato affare esclusivo di donne. Si racconta che nel Cinquecento un certo dottor Veit di Amburgo sia stato bruciato vivo per avere assistito ad alcuni parti travestito da levatrice. Fu nel Seicento in Francia che ostetrici maschi cominciarono a occuparsi del parto, accusando le levatrici di ignoranza e superstizione. La "battaglia" tra uomini e donne su chi fosse in grado di assistere meglio la partoriente è andata avanti fino all'800. Nella foto, una caricatura del 1793: un'ostetrica metà uomo e metà donna.

Foto: © Wellcome Library, London

LA STORIA DEL FORCIPE La principale novità portata dall'assistenza dei medici maschi furono gli strumenti ostetrici: probabilmente più un simbolo del loro potere che oggetti diffusi nella pratica, almeno all'inizio. Tra questi il forcipe, strumento ostetrico per eccellenza presente fino a pochi decenni fa in sala parto, quella del forcipe, , è una storia davvero curiosa. A inventarlo pare sia stato Peter Chamberlen, un medico chirurgo che in Inghilterra si guadagnò la fama di essere in grado di risolvere con il suo aiuto anche i parti più difficili. Ma nessuno sapeva com'era fatto: la partoriente veniva bendata e nella stanza non era ammesso nessuno. Il segreto sul "design" si tramandò all'interno della famiglia Chamberlen per più di cento anni. Nei decenni e nei secoli successivi ne vennero realizzati vari modelli e versioni: "strumenti pericolosi, spesso inutili, ma sempre ingegnosi", come vennero definiti.

A SCUOLA DI OSTETRICIA Nel 1708 a Bologna, il medico chirurgo Giovanni Antonio Galli iniziò a tenere a casa sua una scuola per insegnare "l'arte de' parti" a medici e levatrici: per la prima volta nella storia si applicavano alla gravidanza e al parto nozioni di anatomia e fisiologia. Galli inventò anche una "macchina da parto" per le esercitazioni pratiche: un uovo di cristallo grande come l'utero a fine gravidanza con dentro un fantoccio di stoffa. Gli allievi si dovevano esercitare bendati a estrarre il feto. Nella foto modelli di terracotta di due gemelli nell'utero, creati anche'essi per la didattica e conservati al bellissimo Museo di Palazzo Poggi a Bologna.

Foto: © Hal Beral/Corbis

ARRIVA IL PAPÀ Oggi la presenza dei padri in sala parto è considerata normale, ma non era così fino a poco tempo fa. A farli entrare - per così dire - fu un medico americano, Robert Bradley. Erano la fine degli anni Quaranta, e negli Stati Uniti la maggior parte delle donne partoriva in ospedale sotto l'effetto di forti sedativi. Bradely volle sperimentare che cosa succedeva se mariti o compagni potevano restare accanto alle partorienti. Le istruzioni erano che i padri dovessero dispensare "praise, encouragement, and assurance of progress", ovvero lodi, incoraggiamento e la rassicurazione che mancava poco. Secondo uno studio pubblicato da Bradley nel 1962, con la presenza dei padri in sala parto diminuiva radicalmente il ricorso ai farmaci. Che fosse del tutto vero o no, la porta da allora è stata più o meno aperta.

Foto: © Burger/PHANIE/Phanie Sarl/Corbis

TEST DI GRAVIDANZA VIVI Fin dall'antichità si è cercato con metodi più o meno empirici di capire se c'era o no una gravidanza in corso. Ma i veri e propri test sono arrivati solo una volta che è stato identificato l'ormone specifico della gravidanza - la gonadotropina corionica (hCG). I primi test per rilevarne la presenza coinvolgevano topi, rane e conigli. L'urina della donna da testare veniva iniettata sottopelle, e se l'ormone della gravidanza era presente gli animali andavano in calore. A partire dagli anni Quaranta furono usate soprattutto le rane, in particolare una specie di rana africana, lo Xenopus laevis, importata per questo scopo nei laboratori di Europa e Stati Uniti.

Foto: © Paul Starosta/Corbis

PER CONTINUARE LA LETTURA Falsi miti, curiosità e scienza della gravidanza sono raccontati nel libro Quello che alle mamme non dicono (Codice Edizioni) di Chiara Palmerini da cui abbiamo preso spunto per questa gallery. Inoltre sul portale NostroFiglio ci sono numerose informazioni sulle 40 settimane d gravidanza.

Foto: © Jamie Grill/Tetra Images/Corbis

Da Suzy Solidor ad Alice Prin, da Luisa Casati a Dora Maar. Ambizioni, amori, talenti ed eccentricità delle donne che hanno ispirato i più grandi artisti del Novecento (e non solo). E ancora: dalle latrine romane al trono-gabinetto del Re Sole, la storia del bagno e dei nostri bisogni più intimi; i prìncipi secondogeniti che si sono ribellati alle leggi di successione, e ne hanno combinate di tutti i colori.

Alla scoperta della pelle, l’organo più esteso del corpo che si rinnova in continuazione e definisce il nostro aspetto. E ancora: come funziona il nuovo farmaco per il tumore della mammella; le ultime meravigliose sorprese della Via Lattea; l'addestramento degli equipaggi degli elicotteri di salvataggio; dove sono le riserve maggiori di gas e con quali tecniche si estrae e distribuisce.

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