MILANO - La parola "razionamenti" non è più un tabù. Con il prezzo del gas che continua ad aggiornare record (ieri chiudeva a 276 euro a megawattora al Ttf di Amsterdam, riferimento europeo, stamattina già ripartiva sopra 290), vittima della strategia della tensione di Mosca e della nuova prospettiva di stop ai flussi sul Nord Stream 1 da parte di Gazprom, per prepararsi a un inverno che si annuncia tesissimo in Europa si fanno i conti con l'estremo rimedio possibile: tagliare i consumi di famiglie e imprese. La Francia si è mossa in luglio, la Germania ha messo nel mirino tagli per il 15-20% dei consumi. In Italia il grosso scatterebbe con il terzo livello d'allerta immaginato già a primavera dal piano di reazione del governo, in caso di stop ai flussi russi che ancora valgono 10 miliardi di metri cubi, nonostante la forte riduzione conseguita grazie alla diversificazione delle fonti con l'Algeria che è ormai il nostro primo fornitore.
Se di tagliare ci sarà bisogno, dove si potrà intervenire? Alcuni dati e report ufficiali aiutano innanzitutto a capire da dove arriva il gas impiegato in Italia e in quali ambiti viene utilizzato. Secondo la Relazione annuale sulla situazione energetica nazionale che il Mite ha pubblicato il mese scorso, nel 2021 i consumi di gas in Italia sono arrivati a 76 miliardi di metri cubi, in crescita grazie alla ripartenza post-Covid dai 71 miliardi del 2020.
L'anno scorso è anche aumentato l'export di gas, via tubo verso i Paesi europei, passando da 0,35 a 1,54 miliardi di metri cubi.
Per coprire tanto la domanda interna che questi flussi verso altri Paesi, le importazioni via gasdotto e Gnl hanno fatto la parte di gran lunga predominante: 96%, contro il 4% di produzione nazionale. Il Mite pubblica un bilancio mensile del gas naturale in Italia, che consente di vedere come si sta muovendo la situazione con uno sguardo fino al giugno del 2022. Il quadro per quest'anno:
Fonte: Bilancio mensile del gas naturale in Italia, Mite
Per spacchettare l'utilizzo del gas in Italia, torniamo alla Relazione sul 2021. Si vede che dopo l'allentamento dei lockdown tutti i settori, l'anno scorso, hanno registrato un aumento: il settore civile passa da 27,6 a 30,2 miliardi di metri cubi con un incremento di 2,6 miliardi di metri cubi (+9,3%). A crescere sono sia la componente Residenziale che quella del Terziario, per due ragioni: un inverno più freddo rispetto al 2021 e una ripresa del settore dei servizi dopo il tonfo del 2020 a causa del Covid. Nell'ambito domestico, uno studio Enea sui possibili risparmi conseguibili, consente un ulteriore livello di dettaglio: 15,4 miliardi di metri cubi per il riscaldamento, 6,4 miliardi per l'acqua calda e la cucina.
In linea di massima fatto cento il consumo di gas in Italia, il settore domestico e dei servizi e la generazione elettrica ne assorbono il 40% e il restante 20% va all'industria. La nostra generazione elettrica è fortemente dipendente dal gas, a differenza di Paesi come la Francia e la Spagna che contano sul nucleare, o la Germania e la Polonia che hanno più disponibilità di carbone. Una situazione che, per altro, quest'anno è stata esacerbata dalla siccità che ha ridotto ai minimi termini l'idroelettrico, fonte tradizionalmente importante per il nostro Paese. Per quel che riguarda la domanda domestica, invece, c'è la maggior stagionalità. In inverno questa voce arriva a pesare il doppio rispetto all'estate: motivo per cui in questi giorni, nonostante tutti i problemi con la fornitura dalla Russia, riusciamo a stoccare gas; ma d'altra parte è la ragione di preoccupazione per la stagione fredda.
L'anno scorso, con il boom economico post pandemia, è stata forte anche la ripresa di domanda di gas per gli usi diretti industriali, che ha sfiorato il +10%. Se si guarda ai consumi dei principali comparti direttamente connessi alla rete di Snam, si vede che dal 2015 ad oggi i prelievi si sono attestati intorno ai 13 miliardi di metri cubi annui (comprendendo anche i volumi di usi non energetici della cogenerazione e dei consumi del sistema energetico). Al netto della pausa agostana, il prelievo di gas dall'industria oscilla tra 1 e 1,3 miliardi al mese.
Il piano del governo ha già previsto alcuni interventi, ad esempio sulle temperature negli uffici pubblici che non possono salire oltre i 19 gradi in inverno o scendere sotto i 27 in estate. Il livello successivo d'emergenza prevede una stretta ulteriore: temperature giù di due gradi e orario di accensione ridotta per i riscaldamenti, riduzione dell'illuminazione pubblica fino al -40%, chiusura anticipata di uffici pubblici, negozi (alle 19) e locali (alle 23).
Uno studio Enea di metà luglio indicava una serie di risparmi conseguibili sia per norma che adattando i propri comportamenti. Agendo solo sulla voce del riscaldamento, ad esempio, abbassare i termostati di 1 grado (a 19 gradi), ridurre di un'ora al giorno l'accensione degli impianti e di 15 giorni il periodo di funzionamento si potrebbero risparmiare circa 2,7 miliardi di metri cubi di gas (1,65 miliardi dalla diminuzione di 1°C e 550 milioni dalla riduzione di un’ora giornaliera). Per altro, con un risparmio di quasi 180 euro a famiglia. Ancor di più possono fare gli stili di consumo. Calcolava sempre l'Enea che l’utilizzo delle pompe di calore elettriche già installate per il condizionamento estivo anche per il riscaldamento invernale, la riduzione dell’uso del gas per acqua calda sanitaria e cucina, il minor consumo di energia elettrica grazie a un uso migliore degli elettrodomestici possono portare ad un risparmio di 3,6 miliardi di metri cubi all'anno. E altri 400 milioni di risparmi possono arrivare sostituendo elettrodomestici, climatizzatori e illuminazione con i modelli più aggiornati.
Anche le imprese potrebbero esser chiamate a far la loro parte, proprio partendo da quelle che mangiano più energia.