Compresse allo iodio: a ruba in Belgio per timori nucleare legati alla guerra. Di che si tratta? Servono? | Altroconsumo

2022-07-02 03:16:08 By : Ms. Candice zhou

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In questi giorni in cui la guerra lambisce le centrali nucleari in Ucraina si torna a parlare di compresse anti-radiazioni a base di iodio, tanto che in Belgio è scattata la corsa all'accaparramento. Ma che cosa sono? Sono efficaci? E quando vanno assunte? In Italia non sono vendute in farmacia: solo in caso di necessità sarà il Servizio sanitario a fornirle nei giusti dosaggi in base all'età.

La guerra in Ucraina si combatte anche attorno alle centrali nucleari presenti nel Paese. È di pochi giorni fa la notizia della caduta in mano russa di quel che resta della centrale di Chernobyl, teatro nel '86 del più grave disastro della storia in una centrale in Europa. E solo poche ore fa è stato spento un incendio vicino al reattore della centrale di Zaporizhzhia, causato dai combattimenti proprio attorno alla più grossa centrale nucleare europea.

Il timore quindi che la guerra combattuta a pochi metri da un reattore nucleare possa causare una catastrofe deve aver allarmato i cittadini belgi che da sabato scorso hanno preso d'assalto le farmacie per richiedere compresse anti-radiazioni a base di iodio: le stime parlano di oltre 30 mila confezioni da 10 compresse consegnate solo nella giornata di lunedì. 

In un Paese come il Belgio che, in un territorio contenuto annovera ben 7 centrali nucleari, le compresse di iodio vengono distribuite gratuitamente nelle zone limitrofe le centrali. Tuttavia il nuovo boom della domanda ha costretto l'Agenzia federale belga per il controllo nucleare a ricordare che le compresse di iodio non vanno assunte preventivamente o di propria iniziativa, ma solo su indicazione delle autorità e che l'attuale situazione in Ucraina non richiede al momento l'uso di compresse di iodio.

Ma di quali pillole a base di iodio si sta parlando? Perché lo iodio è utile in caso di incidente nucleare? E dove si può recuperare in caso di necessità?

Iniziamo col dire che in Italia lo iodio necessario a fare la cosiddetta iodoprofilassi in caso di incidente nucleare non è un prodotto normalmente presente sugli scaffali delle farmacie. Parliamo di dosaggi molto elevati di iodio, che devono essere preparati appositamente e forniti alla popolazione solo in caso di incidente nucleare e di rischio effettivo.

Al verificarsi di un incidente, sulla base delle previsioni di diffusione della nube radioattiva sul territorio nazionale, il Dipartimento della Protezione Civile e i Ministeri interessati attivano la distribuzione della iodoprofilassi nelle aree a rischio, che viene assicurata dal Servizio Sanitario Regionale nelle modalità più consone.

L'iodoprofilassi a base di iodio serve a evitare un accumulo di iodio radioattivo nella tiroide. Lo iodio radioattivo (iodio-131) inalato o assunto con bevande o cibo va ad accumularsi nella tiroide, una ghiandola che concentra tutto lo iodio che normalmente assumiamo con l’alimentazione. Lo iodio, infatti, serve alla tiroide per produrre gli ormoni tiroidei, utili per il corretto funzionamento dell’organismo. Senza il giusto apporto di iodio, la tiroide non è in grado di funzionare.

Lo iodio radioattivo per la tiroide è come iodio normale e la tiroide tenderebbe ad accumularlo, cosa che favorirebbe lo sviluppo di tumore alla tiroide. Per evitare questo accumulo di iodio radioattivo si deve saturare la tiroide con dello iodio non radioattivo, sottoforma di compresse di ioduro di potassio a dosaggi molto elevati. Saturandosi di iodio “buono”, per 24-48 ore la tiroide non assorbirà e accumulerà lo iodio radioattivo, che quindi verrà espulso o decadrà (si parla anche di “blocco” tiroideo).

Lo ioduro di potassio (contenuto nelle compresse usate nella iodoprofilassi) serve quindi a ridurre il rischio di un tumore alla tiroide dovuto all’assunzione di iodio radioattivo. Lo iodio però non ci protegge né da altre sostanze radioattive che possono aver contaminato l’ambiente, né sono in alcun modo utili contro le radiazioni. La loro utilità è ristretta solo a un eventuale contaminazione con iodio radioattivo.

L'uso delle compresse è raccomandato solo per le persone in determinate fasce d'età. Il rischio di sviluppare un tumore della tiroide da iodio radioattivo è fortemente dipendente dall’età al momento dell’esposizione alla sostanza radioattiva. La classe di età 0-18 anni risulta quella a maggior rischio di effetti dannosi. Il rischio invece si riduce sensibilmente negli adulti: gli studi indicano in particolare che il rischio si riduce notevolmente oltre i 15-20 anni di età e tende ad annullarsi oltre i 40 anni di età all’esposizione. Per questo motivo, in linea di principio, tutte le persone fino a 40 anni nelle zone colpite dovrebbero assumere compresse di iodio, con il dosaggio corretto che varia in base all'età.

Per le donne in gravidanza, l'assunzione di compresse di iodio aiuta sia la donna, sia il nascituro. Le donne in gravidanza hanno una tiroide sottoposta ad intensa stimolazione, specialmente nel primo trimestre: lo iodio radioattivo assorbito dalla tiroide in questa condizione è pertanto maggiore rispetto alla rimanente popolazione adulta. Nel secondo e terzo trimestre di gravidanza occorre inoltre tener conto che la tiroide fetale è già funzionante e che lo iodio radioattivo può attraversare la placenta ed essere attivamente assorbito dalla tiroide fetale. Anche le donne che allattano vanno sottoposte a iodoprofilassi, allo scopo di ridurre la presenza di iodio radioattivo nel latte materno.

Come detto, i dosaggi di iodio necessari sono molto elevati, diversi a seconda dell’età. Per ottenere un “blocco” della tiroide che duri 24-48 ore servono, per gli adulti (ovviamente sotto i 40 anni), 130 mg di ioduro di potassio (che fornirà circa 100 mg di iodio stabile al nostro organismo). La stessa dose è prevista per le donne che allattano. Per i bambini dai 3 anni fino ai ragazzi di 18 basta metà della dose degli adulti (quindi 65 mg), mentre per i bambini da 1 a 3 anni ne serve un quarto (32 mg). La dose per i neonati è metà di quella dei bambini di un anno (quindi 16 mg). 

Si sta parlando di dosaggi che sono circa un migliaio di volte più alti della dose giornaliera di iodio raccomandata nella dieta o contenuti in un integratore. L’apporto giornaliero di iodio raccomandato per l'adulto è di 150 µg. Gli integratori autorizzati in Italia ne contengono per legge un massimo di 225 µg. Per questo motivo è inutile accaparrarseli, né vale la pena assumerli in grandi quantità.

È infatti sconsigliato fare una iodoprofilassi prolungata, a questi livelli, in assenza di alcun pericolo. In condizioni normali la tiroide è in grado di tollerare fino a 1mg di iodio al giorno senza che si verifichino effetti avversi, in quanto l’eccesso di iodio viene espulso con le urine. È quindi sconsigliabile assumerne quantità elevate per giorni, per paura di un possibile incidente nucleare. Nel caso di un incidente nucleare che ci espone a un rischio significativo di cancro della tiroide, il rischio legato all’assunzione di dosi elevate di iodio è giustificato.

Come abbiamo visto è importante evitare di assumere iodio senza che ci sia realmente un'emergenza di radioattività sul territorio come appunto sta accadendo in Belgio. Tuttavia è di fondamentale importanza anche che, se serve, la somministrazione della iodoprofilassi sia tempestiva rispetto all’inizio dell’esposizione alla nube tossica contenente iodio radioattivo.

L’efficienza massima del blocco si ottiene somministrando iodio stabile qualche ora prima dell’esposizione alla nube radioattiva o al massimo entro le prime 6-8 ore dall’inizio dell’esposizione. Somministrazioni più tardive hanno efficacia modesta, che si riduce col tempo, ed è addirittura possibile che una somministrazione ritardata (48-72 ore dopo l’inizio dell’esposizione) possa essere controproducente, portando la tiroide a trattenere lo iodio radioattivo. La protezione offerta dal “blocco” della tiroide dopo una singola somministrazione di iodio “buono” è di almeno 24 – 48 ore.

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