Allattamento al seno domande e risposte - Nostrofiglio.it

2022-07-02 03:08:30 By : Ms. Linda Yuan

di Valentina Murelli - 14.10.2021 - Scrivici

Come attaccare il bambino e ogni quanto farlo? Come affrontare un eventuale dolore al seno durante l'allattamento? Come sapere se il latte della mamma è ancora nutriente e quando serve davvero un'aggiunta di latte artificiale? Cosa si può mangiare e cosa invece è meglio evitare mentre si allatta? Sono tanti i dubbi che possono venire alla mamma che sta allattando il proprio bambino e molti li avete espressi durante la diretta di nostrofiglio.it alle nostre esperte Chiara Losa e Paola Pileri, dell'Ospedale dei bambini Buzzi di Milano.

La prima è infermiera pediatrica, consulente per l'allattamento IBCLC e referente dell'Ambulatorio allattamento; la seconda è ginecologa dell'équipe che si occupa di sala parto, gravidanza fisiologica e puerperio e responsabile della Breastfeeding unit dell'Asst Fatebenefratelli-Sacco di Milano.

Ecco tutte le domande e le risposte suddivise per temi differenti.

Noi mamme amiamo tantissimo colpevolizzarci per qualunque cosa accada ai nostri figli, per cui è naturale che questa mamma si senta in colpa per la salute un po' più cagionevole del suo secondo bambino.

Ora, in generale è verissimo che l'allattamento materno è un'importante fattore di protezione rispetto a determinate malattia del bambino, sia nel breve termine (malattie respiratorie, otiti), sia sul lungo periodo (diabete e malattie metaboliche). A livello sociale è importante che passi questi messaggio.

Ma c'è un grosso ma. Un conto solo le associazioni statistiche, validissime a livello di popolazione, un conto sono le situazioni individuali, dove a determinare lo stato di salute di un individuo, di un bambino, non è un singolo fattore, come l'allattamento, ma una pluralità di fattori, dalla predisposizione genetica al ruolo dell'ambiente. Compreso il fatto che in questo caso parliamo di un secondogenito, esposto a tutte le malattie che può portare a casa il primogenito.

Per questo non dovrebbemmo sentirci in colpa: ogni giorno le mamme devono prendere tantissime decisioni, che dipendono da contesti anche molto complessi. Una volta prese non è il caso di soffermarvisi a lungo. (Pileri)

A volte ci sono attacchi al seno che sembrano corretti ma sono invece superficiali e pur non dando origine a ragadi finiscono con lo schiacciare un pochino il capezzolo, provocando una vasocostrizione che a sua volta determina dolore. In questo caso probabilmente è opportuno far valutare da un esperto di allattamento com'è la poppata a com'è il tipo di attacco (Losa).

Attacco adeguato (in alto) e non adeguato (in basso)

Le ragadi che derivano da un attacco anomalo e non adeguato del bambino al seno, per cui bisogna cercare di prevenire questa situazione fin dalle primissime poppate nelle prime ore di vita del bambino, stando molto attenti all'attacco (Pileri).

Bisogna partire dal presupposto che nell'attacco corretto del bambino al seno il protagonista non è tanto il capezzolo (da considerare più una comparsa) quanto il mento.

È il mento del bambino che deve arrivare per primo a toccare il seno, affondando nella parte inferiore dell'areola. La mamma lo può accompagnare delicatamente in questo avvicinamento, possibilmente senza toccargli la testa, perché il bambino tende di suo a reclinarla all'indietro proprio per arrivare ad appoggiare il mento.

Il passaggio successivo è accompagnare il bambino da sotto a sopra, con il labbro superiore che deve essere un pochino estroflesso per chiudere il capezzolo in una zona profonda, al confine tra il palato dure e il palato morbido del bambino. Con questo attacco così profondo, non si creano abrasioni o ragadi ai capezzoli della mamma. (Losa)

Sequenza di un attacco adeguato

Sì, perché quando il bimbo non lo estroflette bene, questo potrebbe dare fastidi e dolori alla parte superiore del capezzolo. Se non c'è questa estroflessione, la mamma può aiutare un pochino il bimbo, sollevandogli dolcemente il labbro (Losa)

No, non parlerei di pigrizia. La causa più semplice del mancato attacco è che il bambino appena nato, pur essendo competente per poppare, non sia ancora sufficientemente "maturo" per farlo nel modo più efficace. Alcuni bambini possono essere ancora poco "raffinati" nella loro tecnica di suzione, hanno bisogno di un po' più tempo per imparare ad attaccarsi bene al seno e vanno aiutati e sostenuti in questo.

Nel frattempo, la produzione di latte materno va mantenuta con un'adeguata stimolazione da parte di un tiralatte o di una spremitura manuale.

In altri casi possono esserci situazioni anatomiche o parafisiologiche che ostacolano un corretto attaccamento e un'allattamento efficacie: dal frenulo corto alla lingua retratta, da una leggera asimmetria del volto a un torcicollo, a un po' di ittero. Non parliamo di malattie, ma di condizioni che dovrebbero richiedere un po' di attenzione in più sull'allattamento. (Losa)

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No. Si può allattare qualunque sia la forma del seno e la dimensione del capezzolo, che come abbiamo detto non è il protagonista assoluto dell'allattamento. La cosa importante è che il bambino impari bene a portare all'interno della bocca una porzione adeguata di mammella.

Detto questo, a seconda delle caratteristiche di ogni singola coppia mamma-bambino (perché quando si parla di allattamento bisogna sempre ragionare in termini di coppia), può darsi che ci siano alcune situazioni in cui la mamma ha bisogno di un po' di sostegno in più. Per esempio: se il capezzolo è proprio piatto è opportuno tenere sotto controllo la situazione già dai primissimi attacchi perché può darsi che il bambino, che non è ancora ben coordinato, faccia un po' più fatica ad attaccarsi in modo corretto.

In questi casi un operatore specializzato in allattamento o una figura comunque esperta di allattamento può dare una mano alla coppia mamma-bambino a trovare le strategie più adeguate per un attacco più efficace. (Losa)

Sì per entrambe le domande. Il seno non è una cisterna di latte, ma una ghiandola che produce latte in risposta a una richiesta del bambino. Prima del parto cominciano delle modificazioni ormonali che preparano il seno alla produzione di latte e poi un momento fondamentale è quello in cui si stacca la placenta, con un crollo di ormoni placentari che avvia la produzione di latte vera e propria.

È vero che molte donne si aspettano già dalla gravidanza un seno molto gonfio e turgido, come si aspettano una "montata lattea" nei primissimi giorni dopo il parto, con una produzione esplosiva di latte. Può anche succedere questo, ma non è detto che accada ed è perfettamente normale in entrambi i casi. D'altra parte, nei primi giorni di vita il bambino ha bisogno davvero di pochissimo latte (anzi, di colostro). (Pileri)

In generale sì. Va specificato che si sono due tipi di interventi possibili di chirurgia della mammella: chirurgia additiva e riduttiva. L'additiva ha ormai grandissima attenzione a questo tema, e anche con le protesi si può allattare tranquillamente. Con la riduttiva potrebbe esserci qualche difficoltà in più, ma molto dipende da come è stata fatta, da quanto tessuto è stato asportato, da quanto sono estese e come sono distribuite le cicatrici. (Pileri)

Fino al parto le mamme in genere si sentono sicure di poter accudire e nutrire il loro bambino in modo adeguato. Quando il piccolo esce, questa sicurezza non c'è più e molte mamme si preoccupano di riuscire a nutrirlo come facevano prima, anche perché, spremendolo, magari vedono uscire solo poche gocce di latte dal loro seno e allora si chiedono se sarà abbastanza, se il bambino mangerà a sufficienza.

La natura in effetti ci ha pensato, mettendo a punto un meccanismo che cambia insieme alla crescita del piccolo. Dobbiamo pensare all'allattamento sempre in termini di coppia mamma-bambino e dobbiamo pensare al fatto che ogni mamma produce il latte adeguato per ogni momento di vita del suo bambino. All'inizio, la quantità di questo latte sarà davvero minima.

D'altra parte, un bambino di un giorno ha uno stomaco grande quanto una ciliegia: basteranno poche gocce di colostro a riempirlo. Poco alla volte, le dimensioni dello stomaco cresceranno, fino a raggiungere quelle di un uovo più o meno intorno alle due settimane di vita.

Queste dimensioni differenti rendono anche conto della diversa frequenza con cui i bambini nelle prime settimane di vita richiedono il seno. Uno stomaco grande come una ciliegia si riempirà e svuoterà molto velocemente, per cui il bambino chiederà più spesso di essere attaccato, mentre uno stomaco grande com un uovo ci metterà più tempo sia a riempirsi sia a svuotarsi, e il bimbo probabilmente mangerà meno spesso.

Ma attenzione: queste sono indicazioni generali. Ogni bambino e ogni coppia mamma-bambino è poi storia a sé. (Pileri)

Assolutamente sì. L'allattamento è un momento di grande impegno energetico per la mamma e richiede un apporto calorico superiore rispetto alla norma più elevato rispetto a quello richiesto in gravidanza. Se nell'ultimo trimestre di gravidanza servivano circa 250 kcal al giorno in più, durante l'allattamento ne servono circa 300-350 kcal in più (ma attenzione: molto dipende molto anche dal peso di partenza della donna e dal suo indice di massa corporea).

Lo sforzo energetico è così elevato che può a volte provocare un'ipoglicemia (calo della concentrazione di zuccheri nel sangue), tanto che nel caso di donne diabetiche che assumono insulina può essere opportuno valutare un abbassamento dei livelli di questo ormone durante l'allattamento.

In più va considerato che durante l'allattamento viene molta sete, per effetto dell'ormone ossitocina, sia per compensare la perdita di liquidi che c'è stata durante il parto, sia perché effettivamente si possono arrivare a produrre circa 700 ml di latte al giorno, che richiedono una grande quantità di liquidi.

Insomma: se si vuole fare un bellissimo regalo a una puerpera, l'ideale è portarle tante cose buone da bere e da mangiare. (Pileri)

Sì, si può: anche cibi piccanti, pesce crudo, verdure dal sapore intenso e particolare come carciofi, cavolfiori o asparagi. Tra l'altro, si ipotizza che una dieta variata durante l'allattamento si associ a un'alimentazione più varia del bambino quando comincia l'alimentazione complementare.

Quello che però non si può fare durante l'allattamento è bere alcol. Spesso in Italia abbiamo un concetto un po' permissivo nei confronti degli alcolici, nella convinzione che un bicchiere di vino non faccia male a nessuno. In realtà in gravidanza non bisogna bere alcolici e non bisognerebbe farlo neppure durante l'allattamento.

Uso il condizionale perché in parte il divieto si può attenuare quando il bambino cresce. Niente alcol durante l'allattamento esclusivo o se comunque il bambino è allattato spesso. Ma se per esempio parliamo di un bambino di due anni o più, un bicchiere di vino può essere concesso se la mamma tornerà ad allattare il suo bimbo alcune ore dopo averlo bevuto. (Pileri)

No, non ci sono alimenti in utili in questo senso. E in generale va detto che non c'è nulla che aumenti la produzione di latte che non sia l'attaccare il bambino ogni volta che lo richiede, o mettere in atto procedure come spremitura manuale o l'eventuale utilizzo di tiralatte in circostanze che lo richiedano.

Detto questo, ovviamente una buona idratazione e un buono stato nutritivo generale aiutano.

Vorrei inoltre precisare che possono allattare serenamente anche mamme con nutrizioni particolari, tipo vegeteriana e vegana. In caso di dieta vegana sarebbe però opportuna una consulenza nutrizionale per valutare l'assunzione di integratori, in particolare di vitamine del gruppo B. (Pileri)

A meno di situazioni estreme, il latte materno riesce in genere a essere molto adeguato, anche se la mamma sembra un po' in difficoltà. Del resto il dimagrimento è parte integrante dell'equilibrio metabolico dell'allattamento ed è proprio previsto che si verifichi, tanto che l'organismo durante le ultime fasi di gravidanza mette via una cerca quantità di grasso che sarà utilizzata proprio durante questa fase.

In ogni caso, il consiglio a questa mamma è di stare attenta a non saltare pasti e a mangiare in modo costante, senza lunghi periodi di digiuno, che possono capitare quando si è appena avuto un bambino. Torna l'invito a parenti e amici a portare buon cibo già cucinato alla neomamma. (Pileri)

Possono esserci pratiche che portano a una riduzione del latte di mamma e che in genere hanno a che fare con un mancato assecondamento del naturale ritmo mamma-bambino di allattamento a richiesta. Per esempio, un allattamento imposto a orari precisi e rigidi o un'aggiunta di latte artificiale di notte. Tra l'altro ricordo che le poppate notturne hanno un ruolo fondamentale nella produzione di latte, perché tengono alti i livelli dell'ormone prolattina. (Pileri)

Assolutamente no. Il fatto è che l'allattamento non ha a che fare solo con l'alimentazione del bambino ma anche con la relazione mamma-bambino.

L'introduzione dell'alimentazione complementare è un momento delicato, un passaggio importante nella crescita, e può capitare che anche i bambini che l'hanno presa meglio chiedano alla mamma un po' più attenzione durante la notte e si attacchino con più frequenza. Non è un modo per dire "Ho fame e il tuo latte non mi basta", ma potrebbe essere un modo per dire: "Ehi mamma, mi piace molto questa cosa nuova che stiamo facendo insieme, ma ho ancora bisogno di te. Possiamo rallentare un pochino?".

Il latte materno non smette a un certo punto di essere nutriente. Continua a esserlo, anche dopo l'anno di vita, anche perché è il latte più specifico possibile per il bambino. D'altra parte l'Organizzazione mondiale della sanità raccomanda l'allattamento anche fino a due anni e oltre, se mamma e bambino lo desiderano. (Losa)

Per quanto riguarda la crescita, va detto che il peso preso dalla bambina potrebbe anche essere adeguato. Ricordiamo infatti che i bambini allattati al seno crescono in modo esponenziale nei primi tre mesi di vita, ma poi rallentano la crescita e a partire dal terzo mese si assestano sui 100 grammi circa a settimana. Anzi, a questo punto in genere la valutazione non viene più fatta settimana per settimana, ma mese per mese.

In questo c'è una differenza significativa rispetto ai bambini allattati artificialmente, che crescono sempre nello stesso modo. Non a caso, a un anno d'età i bambini allattati al seno hanno in media un peso di un chilogrammo inferiore rispetto ai bambini allattati con latte formulato.

Per quanto riguarda la tendenza della bambina ad attaccarsi e staccarsi continuamente, il mio consiglio alla mamma è di rivolgersi a un esperto di allattamento, per esempio in ospedale o in un consultorio, perché quello che potrebbe succedere è che ci sia un forte flusso di latte, che magari il bambino non riesce a gestire bene. In questi casi il bambino si attacca, poi si stacca, gli viene da tossire, poi vorrebbe ciucciare ancora, poi piange e c'è la possibilità che effettivamente cresca un po' meno.

Come si risolve? Per esempio cambiando la posizione di allattamento, preferendo posizioni semisdraiate che permettono di calibrare meglio il flusso del latte. Oppure spremendo un pochino il seno con le mani prima di attaccare il bambino, per ridurre quel primo getto forte che lo irrita, e far svuotare bene una mammella prima di proporre l'altra. (Losa)

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I bambini e le mamme sono una coppia che deve trovare un suo ritmo, un suo equilibrio nella quotidianità. Non si tratta di contrapporre in modo netto l'allattamento a richiesta o a orario, come se si trattasse di tifoserie opposte. Il fatto è che questo equilibrio mamma-bambino, di risposta alle esigenze dei bisogni dei bambini (e delle mamme) è quello che determina la buona riuscita dell'allattamento, garantendo un'adeguata produzione di latte. Che, come abbiamo detto, dipende dalla domanda: il latte viene prodotto perché c'è un bambino che si attacca e lo richiede.

L'allattamento dovrebbe essere visto non come una modalità di alimentazione e basta, ma come una risposta alle necessità del bambino e della mamma. Così, per esempio, si tratta di rispondere ai segnali di fame del bimbo: non il pianto (che è un segnale ormai tardivo), ma il fatto che si mette la mani in bocca, saliva, si ciuccia le labbra, si muove con un ritmo più evidente, apre la bocca e muove la testa di lato, un messaggio chiarissimo che significa "Mamma, vorrei ciucciare, prova ad attaccarmi". Ma si tratta anche di rispondere alle necessità della mamma che magari ha il seno un po' gonfio, e allora proverà a proporre al suo bambino una piccola poppata per avere un sollievo.

Il rischio di un allattamento dettato da un orario prestabilito è che il bambino vada al seno in modo non efficace, perché non era quello il suo momento. Dunque potrebbe esserci un rischio maggiore di mal gestione dell'allattamento, a partire da un piccolo ingorgo per arrivare a mastite o ascesso. (Losa)

Di sicuro si tratta di una situazione che richiede alla mamma un grosso impegno. Va detto che intorno alle sei settimane i bambini possono fare uno scatto di crescita e mostrarsi molto nervosi e agitati, dunque più richiedenti sul fronte delle poppate. Poi in genere le cose rientrano nell'equilibrio che la coppia aveva già trovato.

Se la situazione si protrae a lungo, può valere la pena consultare uno specialista di allattamento (un operatore sanitario, in ospedale o consultorio, o un'altra figura comunque specializzata in questo ambito) per rivedere la poppata ed escludere che ci sia qualche problema che porta il piccolo ad attaccarsi più spesso.

Esclusi questi problemi, potrebbe trattarsi di una situazione nella quale il bambino fa le cosiddette poppate "a grappolo": tante poppatine vicine e poi una pausa un pochino più allungata al termine della giornata. Faticoso, ma assolutamente normale. (Losa)

La linea generale è che non dovremmo essere noi a staccare il bimbo perché dovrebbe essere lui ad autoregolarsi e a decidere come e quanto ha bisogno di mangiare.

Tenete anche conto del fatto che il latte materno varia non solo durante la giornata, ma anche durante la singola poppata, con una prima parte molto ricca di acqua e zuccheri e una seconda parte più concentrata di grassi. Per questo in genere è opportuno lasciare che il bambino svuoti bene una mammella, aspettando che si stacchi da solo e, quando questo accade, proporre la seconda mammella. Se il piccolo desidera attaccarsi bene, se non lo desidera bene ugualmente: lo farà alla poppata successiva. Se invece gli si impone l'alternanza delle mammelle c'è il rischio che queste non vengano mai svuotate e che il bambino non prenda mai il latte ricco di grassi che magari desidera.

Detto questo, ci sono invece casi in cui sono i bambini a attaccarsi e staccarsi di continuo, per cui va bene provare ad attaccarli alternativamente ai due seni, come in un ping pong. Come sempre, è la danza mamma-bambino a stabilire come è meglio muoversi. (Losa)

A lanciare l'appello è la dottoressa Paola Pileri. "Ogni anno ricevo decine di telefonate di mamme angosciate perché stanno facendo l'inserimento al nido del loro bambino allattato al seno e si sentono dire dalle educatrici che dovrebbero smettere, perché in questo modo non favoriscono il distacco e l'autonomia del bambino. E il messaggio viene proposto alle mamme qualunque sia l'età del loro bambino".

"Ebbene, voglio dire con forza che non c'è alcuna prova scientifica di questo, e che bisognerebbe invece sostenere di più le mamme in un momento delicato come questo, di grande fragilità per loro e per i loro bambini".

Lo dice anche il Tavolo tecnico sull'allattamento al seno del Ministero della salute, che in un documento dedicato all'allattamento oltre il primo anno di vita raccomanda espressamente ai caregiver degli asili nido di "tutelare la buona reputazione dell'allattamento al seno, superando i pregiudizi sull'allattamento di lunga durata, per sostenere piuttosto le famiglie in questa loro scelta di salute".

Si possono allattare in entrambi i modi, come la mamma desidera. Magari all'inizio vale la pena provare ad allattarli uno alla volta, per valutare bene le caratteristiche di alimentazione di ciascuno visto che, pur essendo gemelli, potrebbero mangiare in modi molto differenti.

Se per esempio uno è più rapido dell'altro, si può attaccarlo per primo in modo che stimoli la fuoriuscita di latte, e subito dopo attaccare il secondo. Ci sono varie posizioni per l'allattamento in tandem: entrambi a rugby, uno a rugby e uno laterale, incrociati. Ogni mamma sceglierà quella che preferisce. (Losa)

Per capire se un bambino si sta alimentando correttamente al seno, oltre alla valutazione del peso, che è importante ma non deve essere presa come riferimento unico e assoluto, va tenuto conto dell'emissione di feci e urine, che deve essere regolare. Un neonato, per esempio, dovrebbe produrre almeno 6/7 pannolini di pipì al giorno e un paio di scariche abbastanza abbondanti di feci, più qualche "spruzzetto" durante la giornata. Anche in questo caso, comunque, va messo in conto un minimo di variabilità individuale.

E oltre al peso bisogna sempre valutare lo stato generale del bambino: se è attento, reattivo, vivace, o addormentato e soporoso. (Losa)

La colpevolizzazione è qualcosa di molto profondo e personale, che ha origini molto radicate nel modo di essere di ciascuno, per cui è davvero difficile fare generalizzazioni. L'allattamento è un tema di grande complessità, che ha a che fare con relazioni sociali e genitorialità, dunque può far emergere sentimenti di colpa. A questa mamma vanno offerte empatia e comprensione, ma questi sentimenti sarà lei stessa a doverli vivere e attraversare in prima persona.

Detto questo, le si può anche consigliare di rivolgersi a specialisti in allattamento che valutino con lei un percorso per provare a togliere l'aggiunta, se possibile e se questo è effettivamente il suo desiderio. (Pileri)

La premessa è che ogni coppia mamma-bambino è speciale e che ogni situazione va valutata a sé, per cui a questa mamma consiglio di rivolgersi a uno specialista di allattamento, per esempio in ospedale o in consultorio, perché sarebbe bene affrontare questo percorso di riduzione dell'integrazione non da sola, ma con la guida di un esperto, che con lei possa trovare la strada giusta per riuscirci.

In generale si può dire che la via da seguire è quella di incrementare la produzione di latte usando la spremitura manuale o il tiralatte e allo stesso tempo ridurre piano piano, in modo molto dolce, le integrazioni di latte artificiale. Per esempio: se parliamo di un bambino che fa sei pasti al giorno con 60 ml di latte artificiale dopo la poppata, si può provare a togliere 10 ml di artificiale per volta, proponendogliene 50 ml a pasto e dopo qualche giorno 40 ml a pasto e coì via, a scalare. Il percorso però va attentamente seguito per vedere come il bambino reagisce il cambiamento, e modulato proprio per aspettare i suoi tempi. (Losa)

Assolutamente no: non c'è alcuna correlazione tra la quantità di latte estratta con il tiralatte e la quantità effettivamente prodotta dal seno. Può succedere che anche in casi di allattamenti perfetti, con bambini che crescono a meraviglia, la mamma con il tiralatte estragga poco o nulla. Il fatto è che la meccanica di estrazione è molto diversa tra bambino e tiralatte, e questo giustifica queste differenze. (Losa)

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Quando la mamma decide di smettere di allattare, è opportuno cercare di farlo piano piano, a piccoli passi, scalando le poppate in modo dolce e delicato. Durante la notte, si può provare ad offrire un'alternativa, che potrebbe essere un goccio d'acqua, per esempio. A volte sarà più facile (alcuni bambini reagiscono molto meglio di come si teme reagiranno), altre un po' più faticoso, ma la chiave è appunto procedere con calma.

Dando anche spazio alla relazione, al dialogo, alla comunicazione. Si può dirgli, per esempio, "Guarda, il latte della mamma alla sera non c'è più, perché sei diventato grande, e c'è bisogno di bere anche l'acqua, che è importante".

Nel caso del ritorno al lavoro, considerando che magari il bambino dovrà gestire anche il distacco dalla mamma, un ulteriore consiglio potrebbe essere quello di non far coincidere esattamente questo percorso di diminuzione delle poppate con l'inizio del lavoro: si può cominciare a farlo un pochino prima, o un pochino dopo. Mettendo in conto magari ci saranno notti in cui il bambino tornerà a chiedere il seno con più insistenza. (Losa)

No, è una casualità. In generale, ricordiamo che il meccanismo di estrazione del tiralatte è diverso dal meccanismo di suzione del bambino, per cui non c'è una correlazione matematica tra la quantità di latte prodotto dalla mamma e quella che può essere estratto con il tiralatte.

Quando lo si usa per mettere via delle scorte in previsione del rientro al lavoro l'importante è trovare un giusto equilibrio nella stimolazione della mammella: bisogna dire alla mammella di produrre un pochino più latte, perché va messo via per le scorte, ma allo stesso tempo di non esagerare, perché poi non c'è un bambino che poppa con la stessa frequenza di prima.

La prima considerazione da fare è che se questa mamma sta bene con il ritmo che si è creato tra lei e la sua bambina, le poppate notturne non dovrebbero essere considerate un problema e non c'è motivo per abbandonarle.

Per altro, potrebbe trattarsi di una situazione temporanea, legata magari all'introduzione dell'alimentazione complementare. Come abbiamo già detto, l'allattamento è anche relazione, e magari con questa richiesta più intensa la bambina sta semplicemente comunicando alla sua mamma che ha ancora bisogno di lei, e che magari sarebbe meglio rallentare un po' con l'alimentazione complementare.

Detto questo, se invece le poppate notturne risultano molto pesanti per la mamma, può provare a offrire alternative, come per esempio l'acqua. In teoria non c'è ragione per introdurre latte artificiale a questo punto. (Losa)

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