Ma quello che ha indubbiamente preoccupato di più la potenza cinese è la minaccia nucleare brandita da Vladimir Putin
A pochi giorni dall’invasione russa dell’Ucraina, una sola cosa appare certa: l’Unione Europea, tradizionalmente alle prese con una gestazione difficile e ricca di insidie, è riuscita in una settimana a quello che non era riuscita a realizzare in vent’anni. Il gesto di Vladimir Putin ha suscitato un’ondata di sdegno che si è repentinamente diffusa da Europa e Stati Uniti per contagiare gran parte dell’Asia-Pacifico, dell’Africa e del Medio Oriente.
Non a caso, la stragrande maggioranza dei 192 paesi membri delle Nazioni Unite ha espresso una profonda disapprovazione per la violenta operazione russa, dando il via a una valanga di sanzioni economiche, commerciali e finanziarie che stanno già mettendo in difficoltà l’economia russa.
Ma la Cina, in questo contesto, come si sta comportando? Sembra evidente che Xi Jinping non sia intenzionato a intraprendere un pericoloso percorso che lo porterebbe, appoggiando Mosca, a isolarsi dal resto del mondo.
Oltretutto, l’invasione dell’Ucraina si è rivelata per la Russia un errore tattico e strategico sorprendente, caratterizzato da carenza di cibo e carburante, dall’abbandono di veicoli armati, dalla perdita di aerei e dalla morte di migliaia di soldati. “Se commetti un errore dopo due o tre settimane di operazioni militari, posso capirlo “, ha commentato a tale proposito nei giorni scorsi Scott Boston, analista senior della difesa presso il think tank Rand Corp. “Ma quando inciampi sulla soglia mentre entri in casa, hai un grosso problema”.
Il Pentagono e gli analisti del settore privato si aspettavano in effetti che l’esercito russo distruggesse rapidamente la capacità di reazione dell’Ucraina, minando il comando dei 200.000 militari ucraini, abbattendo le difese missilistiche e distruggendo gli avamposti militari di Kiev. Ma niente di tutto questo è accaduto. E, sebbene non ci sia una stima affidabile del numero di soldati russi uccisi, feriti o catturati, sembra essere molto più alto del previsto per un’invasione preparata da tempo.
“È stato un colossale fallimento dell’intelligence russa, che ha ampiamente sottovalutato la resistenza ucraina. L’operazione militare è stata semplicemente terribile”, ha detto Michael Vickers, ex sottosegretario alla difesa degli Stati Uniti per l’intelligence, al Center for Strategic and International Studies. E questo è senza dubbio il motivo per cui il tono delle autorità cinesi è cambiato profondamente dall’inizio delle operazioni russe sul suolo ucraino.
I rapporti Mosca-Pechino e l’ombra di Washington Quando Vladimir Putin ha fatto visita a Pechino il 4 febbraio per la cerimonia di apertura delle Olimpiadi invernali, lui e Xi Jinping hanno dichiarato pubblicamente che le relazioni sino-russe non erano mai state così buone nel corso della storia. Anche per questo motivo il governo cinese si è saggiamente astenuto, nei primi giorni di conflitto, dal qualificare come un’invasione l’ingresso dell’esercito russo in Ucraina.
Successivamente, il 26 febbraio, la Cina si è leggermente discostata dalla posizione russa decidendo di astenersi dal voto in seno al Consiglio di sicurezza dell’ONU. La risoluzione ha condannato “nei termini più forti” l’aggressione russa contro l’Ucraina e ha invitato Mosca a ritirare “immediatamente” le sue truppe dal territorio ucraino. La Russia è stata l’unico Paese a porre il veto.
L’astensione cinese è stata il primo segno di un cambiamento nella posizione di Pechino. Lo scorso 1° marzo, durante una telefonata al suo omologo ucraino Dmytro Kouleba, il ministro degli Esteri cinese Wang Yi si è detto “profondamente dispiaciuto” per il conflitto tra Russia e Ucraina. Il capo della diplomazia cinese ha aggiunto che la Cina “presta estrema attenzione ai danni subiti dai civili”, invitando i due Paesi a “trovare un modo per risolvere il problema attraverso la negoziazione”.
Il fatto che i media statali cinesi, e in particolare il canale ufficiale di Pechino, ampiamente seguito in tutto il paese, abbiano dato grande spazio a queste dichiarazioni la dice lunga sull’imbarazzo del governo cinese, che, a quanto pare, non intende seguire l’esempio russo per ‘risolvere’ il caso Taiwan. Ma Wang Yi non si è fermato qui. Il governo cinese si è detto pronto a giocare un ruolo attivo nella ricerca di un cessate il fuoco tra Mosca e Kiev. “L’Ucraina è desiderosa di rafforzare il suo dialogo con la Cina e quest’ultima spera di poter svolgere un ruolo nella ricerca di un cessate il fuoco”, ha indicato un comunicato stampa ufficiale cinese al termine della conversazione telefonica. “La Cina rispetta l’integrità territoriale di tutti i paesi”.
Non è chiaro se la Cina intenda approvare le rivendicazioni russe sulla Crimea, né se sosterrà il riconoscimento da parte della Russia dei separatisti nella regione del Donbass, nell’Ucraina orientale. Ma le recenti dichiarazioni offrono un singolare contrasto con quelle del portavoce del ministero degli Esteri cinese dello scorso 24 febbraio, quando disse che la situazione attuale era dovuta a “una combinazione di fattori”, senza qualificare l’ingresso dell’esercito russo in Ucraina come invasione. Naturalmente la Cina non si accoderà mai alle sanzioni occidentali imposte alla Russia.
Un altro fattore che fa pensare a una frenata cinese nei rapporti con Mosca è la censura sui social. Da giorni le principali piattaforme, come Weibo, stanno cancellando migliaia di messaggi a sostegno dell’operazione russa, invitando gli utenti a “evitare volgarità” o “post inneggianti alla violenza”.
“Alcuni utenti hanno preso la questione in modo inappropriato e hanno aggiunto benzina sul fuoco “, ha affermato il sito Douyin, la versione cinese di TikTok. “In particolare, hanno scherzato su un argomento serio e caricato video sulle “bellezze ucraine”, diffondendo false informazioni e danneggiando l’atmosfera su questa piattaforma”.
Anche l’ambasciata cinese in Ucraina ha lanciato un appello alla calma in una lettera aperta indirizzata ai cinesi. “Gli ucraini stanno attraversando un momento difficile”, si legge sul suo account WeChat.
Un altro segnale di un certo nervosismo nei corridoi del potere a Pechino, è un editoriale del Guangming Daily, quotidiano annoverato tra i giornali ufficiali del Comitato Centrale del Partito Comunista Cinese (PCC), pubblicato col titolo “The Trend of Win-Win Cooperation in China-US Relations”. Questo editoriale è apparso all’indomani del 50° anniversario della pubblicazione del “Comunicato di Shanghai”, il documento diplomatico firmato il 28 febbraio 1972 durante la visita del presidente degli Stati Uniti Richard Nixon in Cina, che ripercorre il riavvicinamento e quindi la normalizzazione delle relazioni tra i due paesi.
Anche questo articolo ha colto di sorpresa un gran numero di osservatori cinesi, come l’avvocato Tao Jingzhou: “In un momento in cui le relazioni sino-americane sono quasi congelate e in cui gli slogan si moltiplicano, esaltando le relazioni sino-russe, questo editoriale è un sorprendente capovolgimento”.
A ciò si aggiungono le ambigue dichiarazioni di Wang Wenbin, uno dei portavoce del ministero degli Esteri cinese, che ha affermato: “La Cina ha sempre ritenuto che la sicurezza di un Paese non si costruisce sulla base di compromettere la sicurezza di altri paesi, tanto meno nel minare la sovranità e la sicurezza di altri paesi, nel perseguimento della propria superiorità e sicurezza militare”. Queste parole , riportate dal media online Pengpai, sono interpretate da alcuni osservatori come una critica all’aggressività della Russia.
Intanto, le conseguenze economiche della guerra si fanno già sentire per la Cina. Una di queste è l’impatto sulla “Nuova vie della seta” (Belt and Road Initiative o BRI) delle ripercussioni diplomatiche e finanziarie del conflitto per alcuni paesi membri di questo programma, come la Polonia o il Kazakistan. Il 6 febbraio Xi Jinping aveva accolto in pompa magna il presidente polacco Andrzej Duda e discusso a lungo con lui della cooperazione bilaterale che, agli occhi di Pechino, doveva fare di questo Paese centroeuropeo “una porta d’Europa”. Duda è stato l’unico leader dell’Unione europea a recarsi a Pechino per la cerimonia di apertura delle Olimpiadi invernali il mese scorso.
Questo grandioso piano prevedeva (e prevede tuttora) l’utilizzo delle ferrovie che attraversano la Polonia per renderla un collegamento cruciale per la BRI, perché potevano consentire di collegare la Cina all’Europa lungo questo corridoio che attraversa tutta l’Eurasia attraverso il Kazakistan, la Russia e la Bielorussia. Ma quasi la metà dei treni attraversa la Russia e la guerra in Ucraina rischia di paralizzare a lungo questo traffico a causa delle sanzioni europee che stanno colpendo Mosca.
Un altro fattore ‘caldo’ è la finanza. Lo scorso 3 marzo, l’Asian Infrastructure Investment Bank (AIIB), fondata nel 2016 su iniziativa della Cina con altri paesi, inclusa la Russia, ha annunciato in un comunicato stampa che “tutte le sue attività con la Russia e la Bielorussia sono congelate a causa dell’invasione dell’Ucraina. Mentre la guerra in Ucraina continua, l’Asian Infrastructure Investment Bank esprime la sua solidarietà a tutte le persone colpite. Il nostro cuore è rivolto a tutti coloro che stanno soffrendo”. La banca è spesso vista come una rivale della Banca Mondiale con sede a Washington, che è sotto l’influenza degli Stati Uniti.
Ma quello che ha indubbiamente preoccupato di più la potenza cinese è la minaccia nucleare brandita da Vladimir Putin, iniziativa che agli occhi di Xi Jinping non può che apparire profondamente irresponsabile. Resta ora da vedere quale sarà l’evoluzione della guerra in Ucraina nei prossimi giorni o settimane e quali saranno le sue conseguenze per la Cina e l’Asia orientale. Ma, già in questi giorni, le autorità cinesi stanno rafforzando la cautela e ora chiaramente tendono a prendere le distanze sempre più da Vladimir Putin.
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